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«Mille testate atomiche
per prepararsi alla guerra
con gli Stati Uniti»

La Cina deve rapidamente espandere il suo arsenale di testate nucleari fino ad almeno mille unità, per rafforzare la sua deterrenza nei confronti degli Stati Uniti. A sostenerlo è Hu Xijin, direttore del quotidiano “Global Times”. Secondo Hu, Pechino si deve inoltre dotare di un centinaio di “Dongfeng-41”, i missili strategici (che possono trasportare testate atomiche) fatti sfilare per la prima volta a piazza Tiananmen lo scorso 1° ottobre, durante la parata per il 70° anniversario della fondazione della Repubblica popolare cinese. Con una gittata compresa tra i 12.000 e i 15.000 chilometri, i “Dongfeng-41” sono missili balistici intercontinentali (ICBM) in grado di raggiungere in una mezz’ora il territorio statunitense.

 

«Alcuni mi definiscono guerrafondaio, perché voglio più testate atomiche per la Cina – ha scritto oggi Hu sul tabloid nazionalista – Al contrario dovrebbero dare quest’etichetta ai politici statunitensi che sono apertamente ostili alla Cina. Io spero sempre che la Cina e gli Stati Uniti possano andare d’accordo, ma la coesistenza pacifica tra i due paesi non è qualcosa che si possa elemosinare; essa viene modellata da strumenti strategici. Ciò è particolarmente vero nel momento in cui abbiamo a che fare con degli Stati Uniti sempre più irrazionali, che credono soltanto nella forza». «Non abbiamo molto tempo per discutere sulla necessità dell’aumento delle testate nucleari – ha concluso il popolare giornalista – dobbiamo solo accelerare i passaggi per metterlo in atto».

 

Attualmente l’esercito cinese ha in dotazione 300 testate atomiche, quello statunitense 6.000.

Le accuse dell’Amministrazione Trump a Pechino di aver diffuso il nuovo coronavirus nel mondo stanno alimentando in Cina la retorica dei nazionalisti, che reclamano l’annessione di nuovi territori in Asia e un confronto diretto con gli Stati Uniti. Il ricorso a una dose massiccia di nazionalismo può rappresentare per la leadership cinese uno strumento per distogliere l’attenzione dalle difficoltà economiche e sociali che la Cina dovrà affrontare in conseguenza dell’epidemia di “Covid-19”, ma può anche alimentare lo scontento popolare nel caso si aprisse un divario sempre più ampio tra la realtà e i traguardi economico-sociali indicati dalla “Nuova era” del presidente cinese Xi Jinping.