Falsa partenza per Jing-Jin-Ji
Il governo cinese prevede che lo sviluppo coordinato delle metropoli di Pechino e Tianjin con la provincia confinante dello Hebei aiuterà a ridurre il traffico, l’inquinamento e l’aumento del costo della vita nella capitale, e contribuirà a creare ricchezza e nuovi posti di lavoro. Ma il progetto per la creazione di una regione metropolitana da 110 milioni di abitanti (denominata “Jing-Jin-Ji) collegata attraverso nuove strade e ferrovie, simile a quella del delta del Fiume delle Perle, viene criticato da chi ritiene che non sarà in grado di risolvere gli annosi problemi generati dall’urbanizzazione selvaggia. Al contrario – secondo i suoi detrattori – questo piano potrebbe provocare un’ulteriore pressione sulle risorse idriche e sui terreni nell’area prosciugata e già massicciamente inquinata di Pechino e dei suoi dintorni. Così sostiene Pan Jiahua, direttore dello Institute for Urban and Environmental Studies della Chinese Academy of Social Sciences e membro del China’s National Expert Panel on Climate Change.
Professor Pan, qual è la sua opinione sul progetto Jing-Jin-Ji?
Su alcune delle proposte, c’è bisogno di un’ulteriore discussione. Ad esempio, il piano parla di “Un centro, due città, tre strade” – l’idea sembra ancora quella di avere al centro Pechino, che si espande verso l’esterno. La strategia Jing-Jin-Ji era stata concepita per trasferire alcune attività al di fuori della capitale, ma alla fine sta diventando Pechino-centrica, ponendo altre città in una posizione subordinata. Le “due città” sono Pechino e Tianjin (municipalità amministrate direttamente dal governo centrale), davanti alla provincia dello Hebei. Questo modo di pensare è sbagliato.
Qual è la radice del problema?
Alcuni urbanisti non hanno ancora cambiato modo di pensare. Nonostante il presidente cinese Xi Jinping abbia dichiarato che il modo più efficace per preservare risorse è progettare scientificamente, che il modo migliore di sprecarle è pianificare in maniera impropria e che il tabù principale è pianificare in modo indeciso, i progetti della strategia Jing-Jin-Ji si basano su vecchie idee di crescita urbana.
Xi ha sottolineato che le risorse devono essere distribuite uniformemente, ma è chiaro che la previsione di “un centro” implica che le cose procederanno diversamente. Le risorse andrebbero distribuite in modo tale che la fornitura di servizi (istruzione, sanità, welfare e così via) avvenga in maniera uniforme nelle diverse sedi. Ma attualmente, ad esempio, alcune malattie possono essere curate soltanto a Pechino. Abbiamo bisogno di livellare queste differenze, perché se la fornitura di servizi essenziali, come le cure mediche, a Pechino rimane più avanzata che nelle aree circostanti, allora sulla capitale permarranno pressioni fortissime.
Ma, oltre alla sanità, c’è un grande squilibrio anche nell’accesso all’istruzione. Delle 39 università che fanno parte del 985 Project (il piano per aumentare il numero di atenei cinesi che rientrano in quelli di livello internazionale), otto sono a Pechino, due a Tianjin e nessuna nello Hebei, nonostante la sua popolazione di 70 milioni di persone. Nello stesso momento, circa 1/4 delle università cinesi incluse nel Project 211 (un’altra strategia governativa per migliorare gli standard dell’educazione superiore) si trovano a Pechino e soltanto una a Tianjin. Se diverse di queste università venissero trasferite da Pechino, si ridurrebbe la pressione sulla capitale e si promuoverebbe lo sviluppo nelle città minori della regione Jing-Jin-Ji.
Il piano prevede di spostare fuori da Pechino la manifattura a basso valore aggiunto e i servizi di base, e di dare priorità nella capitale alle industrie ad alto valore aggiunto basate sulla conoscenza, come il design e la information technology. Ma la società è strutturata come una piramide: è impossibile avere una cima senza fondo. Ci sarà ancora bisogno di cameriere e colf (e case relativamente vicine alla città in cui ospitarle), non importa quanto avanzata sarà l’economia. Insomma il progetto riflette nel complesso un modo di pensare sbagliato: se non verrà corretto in fase d’applicazione, i problemi della regione Pechino-Tianjin-Hebei non saranno risolti.
In precedenza si era parlato di “integrazione Pechino-Tianjin-Hebei”, ora di “sviluppo coordinato”. Sembra che i termini della questione siano cambiati. Perché?
Un’integrazione sarebbe più difficile da realizzare, perché – a livello amministrativo – si tratta di tre diversi governi provinciali: chi comanderebbe? Ci sono inoltre problemi relativi alla distribuzione delle risorse, al bilancio, alla tassazione, agli investimenti, ai profitti e così via. Il “coordinamento” suggerisce che i tre governi possano completarsi e sostenersi a vicenda e che gli ostacoli nella fase di applicazione possano rivelarsi minori.
Cosa ritiene che manchi a questo piano?
Ciò che manca è “equilibrio”. L’idea di Xi Jinping di una distribuzione delle risorse non viene applicata appieno. Inoltre, il piano si occupa delle grandi città, mentre trascura quelle medie e piccole così come le aree rurali della regione. E ancora, ignora l’agricoltura che è fondamentale per l’occupazione, il mantenimento delle scorte alimentari, e il consumo delle risorse naturali.
La regione Jing-Jin-Ji soffre di mancanza d’acqua. Il suo ulteriore sviluppo comprometterà ulteriormente simili risorse?
Per il South-North Water Transfer Project sono stati spesi oltre 200 miliardi di yuan, per non parlare di tutti i terreni impiegati per costruirlo. Avremmo potuto spendere quella cifra per costruire una nuova città a Danjiangkou (il bacino idrico dello Hebei che rifornisce il ramo meridionale del Progetto) e trasferire lì popolazione e attività economiche. Forse che non possiamo spostare persone e posti di lavoro invece delle risorse idriche? La continua espansione di Pechino, Tianjin e dello Hebei implicherà soltanto un’ulteriore richiesta di acqua e terreni e quindi ulteriori problemi.
In cosa ritiene che, principalmente, il gruppo di città del nord afferenti al Jing-Jin-Ji sia diverso da quelle sullo Yangtze e sul delta del Fiume delle Perle?
Il cluster di città sul delta dello Yangtze di cui fa parte Shanghai è più sviluppato. Si tratta di città che si completano meglio l’una con l’altra: Shanghai ha bisogno del Jiangsu e dello Zhejiang come centri industriali, mentre il Jiangsu e lo Zhejiang hanno bisogno dei servizi forniti da Shanghai.
L’area urbana del delta del Fiume delle Perle sorge tutta all’interno della provincia del Guangdong e dunque si coordina meglio. Anche in questo caso le città sono maggiormente integrate. In entrambi i casi la fornitura dei servizi pubblici è più bilanciata, il settore privato è più forte e, anche se ci sono carenze energetiche, c’è abbondanza d’acqua.
Nella regione “Jing-Ji-Ji”, Pechino ha la priorità per quanto riguarda le risorse, seguita da Tianjin e poi dallo Hebei. Dunque Pechino è più attraente e le altre città non possono competere con la capitale. Le risorse energetiche sono abbondanti, ma c’è una grave carenza d’acqua.
Tratto da chinadialogue