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Non è questione da poco:
Trump sa cos’è la Cina?

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Presiden China Hadiri APEC 2013, APEC 2013

 

Nel mondo d’oggi, quella sino-statunitense è probabilmente la relazione bilaterale più importante, ed è molto complessa.

Dal 20 gennaio scorso, abbiamo un nuovo presidente degli Stati Uniti. Personalmente ritengo che Donald Trump vada preso sul serio, nonostante alcune sue dichiarazioni e malgrado tutte le battute che vengono fatte su di lui.
Il risultato straordinario ottenuto da Trump non è stato tanto quello di aver battuto Hillary Clinton, quanto quello di aver sconfitto un intero gruppo di candidati repubblicani, molti dei quali abbastanza credibili. Eppure li ha fatti cadere uno dopo l’altro, e ci è riuscito perché è stato capace di scandagliare e di sfruttare una corrente di scontento e disaffezione.
Così funziona la politica americana. Trump ha messo assieme un gruppo notevole di persone per assisterlo nel suo lavoro. Se, per un certo periodo, hanno parlato con voci dissonanti, è perché dovevano farsi belle per ottenere il via libera dal Senato. È per questo che abbiamo sentito commenti come quello di Rex Tillerson, secondo il quale gli Usa dovrebbero impedire alla Cina di accedere a quelle che Pechino considera le sue isole nel Mar cinese meridionale – il che farebbe scoppiare una guerra. Infatti non credo che il Segretario di Stato sia ignorante, né una persona così irragionevole.

 

Conosciamo bene gli istinti di Trump. Il Presidente vede un sacco di problemi nella società americana, alla quale vorrebbe ridare vigore. Allo stesso modo il commercio, secondo lui, deve svolgersi secondo regole giuste.

Non sono sicuro che possa servire a qualcosa semplicemente costringere le aziende automobilistiche a produrre negli Stati Uniti, perché l’economia globale richiede un approccio molto più complesso. Ma questa posizione gli assicura gli applausi del pubblico e noi dobbiamo aspettarci che Trump compirà alcune scelte per motivi meramente politici. Come ha ricordato lui stesso, proviene dalla Wharton business school, dunque non può essere uno stupido. E infatti non lo è. Pensare che lo sia sarebbe un grave errore di valutazione.

 

Trump afferma: “Guardate, abbiamo bisogno di una deregulation”. Intende semplificare le leggi fiscali e abbassare il livello generale di tassazione. Vuole ammodernare le infrastrutture negli Stati Uniti, molte delle quali sono in sfacelo. Inoltre propone un maggiore controllo sulle frontiere. Anche in questo caso, può aver fatto commenti oltraggiosi, ma l’intenzione di fondo è “dobbiamo porre un freno all’immigrazione illegale e anche controllare quei canali che possono portare negli Usa radicali e terroristi”.

 

Ma ci sono due problemi. Anzitutto, spendere e ridurre le tasse è facile, la gente ti appoggia. Ma poi come copri il deficit?

In secondo luogo, ciò che pure è problematico è quello che appare come un vero e proprio conflitto tra Trump e le agenzie d’intelligence, delle quali il Presidente è diventato molto diffidente.

Trump ha un approccio molto pratico alla sicurezza internazionale. Dobbiamo metterci in mezzo in Siria? Le guerre in Iraq, in Libia e l’aver messo all’angolo la Russia sono state operazioni giuste? Non finiranno per gettare questi paesi tra le braccia della Cina. Tutto ciò ha senso?

I cinesi si chiedono se sia inevitabile finire nella trappola di Tucidide, col rapporto Cina-Usa a somma a zero. Pechino si prepara al peggio, ma lavora a un nuovo modello di relazioni tra potenze

Ci sono tante persone la cui carriere hanno seguito una certa visione e Trump le sta mettendo alla prova. È importante andare oltre le critiche abituali nei confronti di Trump, al di là delle risate che ci facciamo citando alcune sue sciocchezze. Ritengo che sia molto più importante capire i suoi veri obiettivi, perché non siamo di fronte a un uomo dappoco.

Dall’altro lato, l’operato del presidente Xi Jinping è stato finora straordinario. Xi non avrebbe potuto fare ciò che ha fatto se il suo predecessore, Hu Jintao, non gli avesse lasciato con due anni d’anticipo la guida della Commissione centrale militare (CMC). I suoi nemici avevano già scoperto le loro carte, prima che Xi subentrasse alla guida della CMC.

Quindi, con l’appoggio dell’esercito popolare di liberazione, Xi ha dato un giro di vite all’apparato della sicurezza interna. E, dopo averlo messo sotto controllo, si è dedicato a sradicare la corruzione dall’intero Esercito popolare di liberazione. Dopo di che ha iniziato a ripulire la Lega della gioventù comunista. In meno di quattro anni, è riuscito a fare tanto per ricostruire l’autorità morale della leadership cinese.

 

La Cina è un paese davvero diverso da tutti gli altri. È sempre stato governato come uno Stato burocratico – nel quale tutte le diramazioni fanno rapporto all’imperatore – per l’amministrazione, per l’intelligence, per la politica, per le questioni militari, per quelle relative all’acqua e così via. Per questo motivo il Paese ha sviluppato una classe di burocrati, persone molto intelligenti che vengono fatte ruotare, in modo che siano fedeli non alle province di appartenenza, ma al centro.

 

Quando il centro della Cina è sano, la gestione e il governo del paese è una questione di amministrazione, quasi come in un’azienda: quali sono i problemi e quali le necessità? Stendi un piano, trova i fondi, elabora delle misure di controllo e passa all’applicazione.
Oggi la Cina è l’unico grande paese che riesce a esercitare una volontà nazionale. Ha già costruito più infrastrutture ferroviarie ad alta velocità del resto del mondo. E vuole raddoppiarle. L’80% delle città cinesi sarà collegato da treni veloci. La percezione della distanza – su una scala continentale – ne risulterà completamente trasformata.
E ora sta utilizzando big data nell’amministrazione. A sentire l’Economist, si tratta semplicemente di un mezzo per controllare le vite degli individui. Certo, questa novità può anche servire al controllo politico. Ma è molto di più. Infatti a Pechino stanno utilizzando la rivoluzione dell’Information Technology per governare la società umana secondo modalità senza precedenti.

 

È un fatto straordinario. Grazie all’impiego di big data tengono sotto controllo la salute pubblica, ad esempio, nell’Università di Pechino, oppure in una specifica provincia della Cina, o quella di un gruppo etnico, o di una determinata generazione. Questo perché, semplicemente, i cinesi sono troppi per essere monitorati individualmente. Ma attraverso l’impiego di big data possono avere un quadro della situazione sanitaria gruppo per gruppo.

 

Nel luglio scorso, Rand Corporation pubblicò un documento intitolato “Guerra con la Cina: una analisi di ciò che è inimmaginabile”. Quel report sostiene che se ci fosse un conflitto oggi, gli Stati Uniti verrebbero feriti, ma la Cina sarebbe polverizzata.
Anche nel caso di uno scontro armato tra dieci anni, gli Stati Uniti ne uscirebbero insanguinati. E ci sono degli strateghi che stanno pensando “Guardate, tanto vale combattere ora, meglio non aspettare”.

 

I cinesi lo sanno, ma si domandano: “Dobbiamo per forza finire in questa trappola di Tucidide, nella quale le relazioni tra grandi potenze sono a somma zero?”. E rispondono di no: prepariamoci al peggio, ma lavoriamo su un nuovo schema di relazioni tra grandi potenze.

 

 

Gli Stati Uniti temono che la Cina si comporterà nello stesso modo quando diventerà la prima economia del Pianeta. Uno scontro allora sarà inevitabile, così come fu inevitabile la Guerra fredda tra Washington e Mosca ai tempi dell’Unione sovietica.
Ma la Cina non è come l’Urss. Siamo di fronte a una civiltà che ha una profonda conoscenza del suo passato e della sua natura. E, per questo motivo, non si armonizzerà mai col resto del mondo. Che si tratti del cyberspazio, di cultura politica o mercati dei capitali, la Cina non si adatterà mai al resto del mondo.

 

Certo, ci saranno normali scambi, ma c’è sempre stata una membrana semi-permeabile, che assicura che ciò che è buono entri, mentre impedisce l’accesso a ciò che è considerato sovversivo. E proprio perché non può armonizzarsi con il resto del mondo – perché ciò è nella natura della civiltà cinese – gran parte dei timori dell’America sulla Cina sono ingiustificati.
La Cina infatti non ha alcun desiderio di giocare nel mondo il ruolo svolto negli ultimi decenni dagli Stati Uniti.
Il punto di vista cinese è: tu puoi essere una teocrazia islamica, un sultano, un salafita… non è un mio problema, fino a quando non mi fai male. Ma se mi fai del male, io posso doverne fare a te. Io ho sufficienti problemi con la mia famiglia, come posso immischiarmi nei problemi della tua? Ho già abbastanza grattacapi per conto mio.
Per questo loro adottano un approccio molto distaccato alla politica interna degli altri paesi. Per l’Occidente questo modo di agire è immorale.

Ma l’Occidente vuole davvero che la Cina diventi una potenza che fa proselitismo? Perché, se così fosse, lo farebbe sulla base di un sistema di valori totalmente diverso da quello occidentale. E ciò condurrebbe inevitabilmente a uno scontro.
I cinesi sono molto seri quando parlano di un nuovo modello di relazioni tra grandi potenze, nonostante ciò sia stato ridicolizzato da molti commentatori. Il problema è una mancanza di comprensione della natura della civiltà cinese.

In molti sostengono che è solo questione di tempo prima che lo yuan venga internazionalizzato. E invece non verrà mai internazionalizzato completamente, perché se così fosse, la Cina perderebbe controllo sulla sua economia. Penso che chiunque governi la Cina non permetterà mai una simile perdita di controllo sul suo sistema finanziario.

 

Trump capisce queste cose? Non lo so, ma lui consulta l’ex segretario di Stato Henry Kissinger, che le comprende. E ho saputo che ha chiesto proprio a Kissinger di insegnarle a Jared Kushner (il genero e confidente di Trump), il che è una buona cosa, perché Kushner avrà un ruolo importante nell’inner circle trumpiano e se seguirà le indicazioni di Kissinger sulle questioni importanti, i pericoli saranno affrontati con cautela.
Se invece verranno compiuti errori di valutazione, se ci sarà un’escalation di incidenti che porterà la situazione fuori controllo, se si arriverà a una guerra tra Cina e Stati Uniti, tutti noi vivremo momenti orribili. Le ferite da entrambi i lati del Pacifico potrebbero essere inimmaginabili.
Quindi dovremmo essere tutti invogliati a costruire – attraverso azioni grandi e meno grandi – piccoli ponti e favorire la reciproca comprensione.

 

 

Tratto da Todayonline
George Yeo è l’ex ministro degli Esteri di Singapore