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Intel sposa la strategia
di Trump: investimenti
nelle startup cinesi
e processori made in Usa

Il 28 aprile scorso, l’amministratore delegato di Intel, Robert Swan, aveva scritto una lettera al dipartimento della Difesa, offrendo la disponibilità della multinazionale dell’elettronica a costruire negli Stati Uniti – assieme al Pentagono – nuovi stabilimenti di microprocessori di ultima generazione. Segnalando – secondo i documenti ottenuti dal “Wall Street Journal” – la volontà di Intel di seguire le direttive dell’Amministrazione Trump che mirano a limitare al massimo la produzione in Cina «a causa dell’incertezza creata dall’attuale situazione geopolitica». L’Amministrazione Trump starebbe esercitando pressioni in tal senso anche su Samsung e TSMC, altre due compagnie leader.

 

E oggi Intel Capital – il braccio di Intel dedicato agli investimenti – ha annunciato di aver investito in due startup cinesi di questo settore nel quale gli Stati Uniti sono i numero e intendono rimanerlo, cercando in ogni modo di rallentare la rincorsa cinese.

 

ProPlus – una delle startup cinesi prese di mira da Intel – produce software per la progettazione e la produzione di processori. La seconda – Spectrum Materials – fornisce gas essenziali nel processo di fabbricazione dei processori.

 

Il governo di Pechino sta investendo miliardi di dollari nella produzione di processori e ha moltiplicato gli sforzi per far avanzare questo settore dopo che Washington ha varato misure restrittive della fornitura di componenti essenziali (tra i quali i  microprocessori) a compagnie come Huawei e ZTE, per provare a rallentarne lo sviluppo.

 

Quella dei processori è una tecnologia “abilitante” per l’innovazione e per lo sviluppo dell’intera economia.