“Già in Siria i primi militari cinesi contro l’ISIS”
“I cinesi arriveranno nelle prossime settimane”. Così un funzionario dell’esercito siriano al sito internet libanese Al-Masdar Al-Arabi.
La notizia dello sbarco di funzionari militari di Pechino – proprio mentre, ieri, sono cominciati i bombardamenti francesi contro postazioni dello Stato islamico (ISIS) è stata ripresa oggi dall’emittente governativa russa Russia Today.
Secondo le informazioni del giornale arabo, una nave cinese diretta in Siria (che avrebbe già passato il Canale di Suez e sarebbe ora nel Mediterraneo) avrebbe a bordo decine di “consiglieri militari”. Per il sito legato all’intelligence israeliana DEBKAfile, la “Liaoning”, l’unica portaerei dell’esercito popolare di liberazione (PLA), sarebbe già nel porto siriano di Tartus, sede di un centro logistico della marina russa.
Nelle scorse settimane, l’ISIS ha rivendicato il rapimento di un cittadino cinese, invitando a pagare un riscatto in cambio della sua liberazione.
Nel corso della quotidiana conferenza stampa a Pechino, il portavoce del ministero degli esteri, Hong Lei, oggi ha dichiarato ai giornalisti che “riguardo alla situazione di cui mi chiedete, non ho informazioni”. Una smentita che non smentisce.
Hong ha aggiunto che “il terrorismo è il nemico dell’umanità e la Cina è contro il terrorismo in tutte le sue forme ed è pronta a sostenere uno sforzo per combattere le forze terroristiche assieme alla comunità internazionale. La posizione della Cina resta immutata”.
Se la notizia dell’arrivo di soldati cinesi in Siria fosse confermata, si tratterebbe del primo intervento di questo tipo da parte della Repubblica popolare in Medio Oriente, in un’area in cui ha interessi crescenti e manifesta un sempre maggiore attivismo economico-diplomatico.
Russia, Siria, Iran e Iraq hanno appena istituito, nella capitale irachena Baghdad, un centro di informazioni congiunto per coordinare le loro azioni militari contro gli estremisti sunniti dell’ISIS che hanno occupato un’ampia area di territorio al confine tra Siria e Iraq.
Dopo l’esplosione della “crisi migratoria” in Europa (all’origine della quale c’è anche la guerra civile che in Siria ha causato finora la morte di 250.000 persone), i sostenitori internazionali del governo di Bashar Al-Assad sembrano aver preso l’iniziativa per quantomeno “coordinare” un’offensiva militare anti-ISIS che, a questo punto, potrebbe non essere osteggiata, né da Washington né da Bruxelles.
Ieri la Francia aveva prevenuto tutti, spedendo sei jet a bombardare campi d’addestramento dell’ISIS nella regione orientale della Siria. “Il campo è stato totalmente distrutto e siamo sicuri che non vi siano state vittime” tra i civili, ha dichiarato il presidente Francois Hollande. Precedentemente un comunicato ufficiale di Parigi aveva chiarito che “la nostra nazione colpirà ogni volta che la nostra sicurezza nazionale risulti in pericolo”.
Già l’anno scorso la Cina aveva offerto il suo aiuto per combattere l’ISIS.
La nuova strategia militare recentemente pubblicata dal Consiglio di Stato (il governo) di Pechino prevede come “prerequisito affinché le forze armate cinesi adempiano alle loro responsabilità e missioni nel nuovo periodo, così come per rafforzare le loro capacità operative”, che l’esercito continui a prepararsi per operazioni militari diverse dalla guerra (MOOTW) come quelle di “soccorso e aiuto nei disastri, anti-terrorismo e mantenimento della stabilità, salvaguardia di diritti e interessi…”.
Nel marzo 2015, il capo del partito comunista cinese (PCC) nel Xinjiang, Zhang Chunxian, aveva denunciato che nella Regione autonoma uigura (a maggioranza musulmana) sono stati arrestati cinesi di etnia uigura reduci dal jihad in Siria che programmavano attentati nella Repubblica popolare.
28 settembre 2015