Incubo “overcapacity”,
perché fa davvero paura
Quando si leggono articoli, commenti, riflessioni o report sull’economia cinese, un termine s’impone quasi sempre: “overcapacity”. Se ne sente parlare, si leggono definizioni e grafici che cercano di quantificare il fenomeno, il più delle volte si pensa di aver capito, poi a mente fresca, ci si ripensa e ci si accorge che alcuni dettagli continuano a sfuggire.
Che significa “overcapacity”?
Il termine “overcapacity” in italiano viene comunemente tradotto con “eccesso di capacità”. Al di là di definizioni economiche eccessivamente complesse, in termini “pagani”, l’overcapacity può essere intesa come quella condizione in cui un’industria produce molto più di quanto richiesto dai consumatori; l’offerta eccede così la domanda provocando una drastica riduzione dei prezzi e un aumento delle scorte. Seguendo i principi base di economia politica, o semplicemente il buonsenso, si può supporre che in tale condizione si avrà un abbassamento del prezzo e un fisiologico aggiustamento del mercato, fino ad un punto di equilibrio in cui domanda e offerta combaciano e tutti gli agenti sono mediamente soddisfatti. Ma allora perché l’overcapacity continua a destare tante preoccupazioni, in Cina e all’estero?
Perché la situazione è critica?
La criticità della situazione di overcapacity di molti settori della produzione della Repubblica Popolare risiede nel fatto che questa condizione è a dir poco eccessiva. Basti pensare che nel solo biennio 2011-2012 la Cina ha prodotto tanto cemento quanto gli Stati Uniti durante l’intero ventesimo secolo. E, attualmente, la produzione di acciaio cinese equivale a più del doppio di quella degli altri quattro grandi produttori mondiali messi insieme. È quindi difficile immaginare che il mercato possa adattarsi automaticamente a un simile eccesso.
Da quando esiste questo problema?
L’overcapacity cinese è un problema di vecchia data, tuttavia, si è acuito con la crisi del 2008. Se infatti prima della crisi globale la produzione cinese, una volta saturatosi il mercato interno, poteva contare sulle esportazioni per compensare l’eccesso di offerta, con il crollo dei mercati in Europa e negli Stati Uniti, questa valvola di sfogo è venuta a mancare. Il Partito Comunista (Pcc) ha iniziato ad affrontare il problema sin dal 2009. Tuttavia, le politiche varate sono state finora generalmente inefficaci. All’inizio del 2015, il Ministero dell’Industria e dell’Information Technology di Pechino ha annunciato un nuovo piano di riforma di vari settori che dovrebbero permettere all’80% della produzione a livelli di utilizzazione accettabili entro il 2017.
Quali sono i principali settori affetti da overcapacity?
Il più delle volte l’overcapacity viene ricollegata alla produzione di acciaio. Tuttavia, vi sono altri settori colpiti, anche se generalmente sono tutti legati all’industria pesante. In particolare, otto industrie risultano essere le più colpite: acciaio, alluminio, cemento, prodotti chimici, raffineria, vetro piano, cantieristica e carta e cartone. Tra tutti questi, l’industria dell’acciaio è quella che solleva le maggiori preoccupazioni all’estero, soprattutto in Europa. I produttori europei, infatti, nell’ultimo periodo, sono stati incapaci di mantenere il passo con i prezzi al ribasso dell’acciaio cinese. Negli ultimi 25 anni, l’output di acciaio della Repubblica Popolare è aumentato di 12 volte. In confronto, quello europeo è calato del 12% e quello statunitense è rimasto pressoché invariato. Oggi la Cina rappresenta circa il 50% della produzione globale di acciaio grezzo.
Come siamo arrivati ad una condizione così critica?
Ci sono diversi fattori che hanno concorso all’attuale eccesso di capacità. Tuttavia, la ragione alla base della condizione odierna, risiede nel fatto che il sistema economico cinese presenta una serie di caratteristiche che lo portano ad essere particolarmente esposta a condizioni di overcapacity. A questo si deve poi aggiungere che non solo le autorità hanno fallito nel varare politiche efficienti per contrastare il fenomeno, ma hanno anche adottato determinate linee guida che hanno addirittura acuito la criticità della situazione.
L’overcapacity si sviluppa principalmente nelle situazioni in cui i produttori si trovano nella condizione di poter mantenere elevati livelli di produzione a costi molto bassi. La Cina, con la sua manodopera a basso costo, lo scarso rispetto di norme di tutela ambientale e della sicurezza, è di per sé un ambiente in cui i produttori in alcuni settori riescono ancora a mantenere i costi a livelli più bassi rispetto ai competitori stranieri. Inoltre, negli ultimi anni, le politiche economiche cinesi hanno avuto come obiettivo il raggiungimento di elevati livelli di crescita, non curandosi così delle dinamiche di mercato. Il continuo tentativo di promuovere lo sviluppo economico ha avuto la meglio su politiche orientate ad una crescita sostenibile.
Un chiaro esempio di come queste linee guida generali siano poi state implementate nella realtà è dato dal comportamento dei governi locali. Queste amministrazioni, a volte lontanissime da Pechino, vengono valutate soprattutto in base alla crescita di PIL che la loro provincia, regione o municipalità riesce a raggiungere. I governi locali sono quindi incentivati a promuovere gli investimenti abbassando i prezzi degli input il più possibile, applicando politiche di protezionismo locale e frammentando il mercato. Tutto ciò ha portato ad un ulteriore abbassamento di costi per i produttori, aggravando così una situazione già precaria. Costi eccessivamente bassi non solo permettono livelli di produzione più alti ma mantengono in vita imprese che altrimenti sarebbero costrette a fallire, falsando così tutti i processi di aggiustamento fisiologici del mercato. Questa mancanza di attenzione alle regole e all’andamento del mercato è particolarmente evidente per le imprese di Stato (State Owned Enterprises, SOE). Queste società, invece di essere soggette alle regole di mercato, sono spesso utilizzate per il raggiungimento di particolari scopi politici come ad esempio l’acquisizione di porzioni di mercato sempre maggiori.
Quali sono quindi le conseguenze dell’overcapacity?
Le implicazioni dell’overcapacity sono gravi sia all’interno della Cina che all’estero. A livello globale, l’overcapacity porta la Cina ad esportare a prezzi eccessivamente bassi generando così critiche e preoccupazione da parte delle controparti globali. Tuttavia anche a livello interno, le conseguenze sono fortemente negative. Le imprese cinesi in situazione di overcapacity sono costrette a tagli nei costi per mantenere margini di profitto. Nel tagliare i costi le imprese possono ridurre la spesa per gli standard Environment, Health & Safety o sulla Reserach & Development, che possono provocare minori livelli di innovazione. Inoltre, l’overcapacity può risultare in una più lenta crescita dei salari e ad un inasprimento delle differenze di sviluppo tra le varie regioni. Il governo è ormai consapevole che vi è un’urgente necessità di riforme per affrontare il problema. Alcune soluzioni sono contenute anche nel tredicesimo piano quinquennale (come la riforma delle aziende di Stato), tuttavia tali riforme possono comportare gravi costi come la riduzione della crescita e dell’occupazione. Pechino è pronta a fronteggiarli?
Manfredi Valeriani è EU-Researcher presso l’Università di Amburgo e laureato in “Relazioni internazionali” presso la China Foreign Affairs University di Pechino e l’Università LUISS Guido Carli di Roma