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Il protezionismo hi-tech
di Trump fa esplodere
in Cina gli investimenti
in microchip e AI

I divieti di fornitura ai giganti tecnologici cinesi di semiconduttori (e altre componenti essenziali) made in Usa varati dall’amministrazione Trump stanno alimentando un boom degli investimenti nel settore dei microchip in Cina, tra speranze per un rapido sviluppo della innovazione autoctona (zìzhŭ chuàngxīn) sostenuta dal Partito comunista e qualche timore per la possibile esplosione di una bolla.

 

Nel 2014, il governo di Pechino istituì il Fondo d’investimento nazionale per l’industria dei circuiti integrati, con 139 miliardi di capitale iniziale (19 miliardi di dollari). L’anno scorso, lo stesso fondo è stato rifinanziato con 204 miliardi di yuan (28 miliardi di dollari).

 

Ma, oltre agli investitori pubblici, negli ultimi tempi anche i fondi di venture capital privati stanno scommettendo massicciamente sull’affermazione di microchip cinesi, tanto da aver spostato ingenti capitali dal finanziamento di settori più “tradizionali” (internet anzitutto) ai semiconduttori. Per effetto di questi investimenti (che hanno superato i 3 miliardi di dollari nel 2019), il prezzo delle azioni dei 45 produttori nazionali di microchip è aumentato di oltre cento volte negli ultimi mesi.

 

Il boom è legato a due ordini di esigenze: quelle compagnie – come Huawei – alla ricerca di alternative nazionali alle componenti chiave che finora avevano importato soprattutto dagli Stati Uniti; quelle del nuovo settore dell’intelligenza artificiale (AI).

 

Incoraggiati dagli incentivi del governo centrale e delle autorità locali, spuntano come funghi gli investitori in un settore che tuttavia non ha ancora messo sul mercato prodotti vincenti. Per questo motivo, se i semiconduttori cinesi non si riveleranno all’altezza delle (enormi) aspettative, la bolla sarebbe pronta a esplodere.

 

Ma in Cina a prevalere in questo momento è l’ottimismo. A Wuhan il mese scorso la Tangtze Memory Technologies ha sfornato 300 mila wafer di silicio, triplicando la produzione nel tentativo di ridurre la dipendenza dagli Stati Uniti.

 

Wayne Shiong – partner del fondo China Growth Capital – ha spigato così alla “Reuters” l’impennata di investimenti privati nel settore: «Non si possono ottenere i guadagni degli ultimi 20 anni cercando la prossima Tencent e Meituan (compagnie di internet tra le più affermate in Cina, ndr). Ma se si guarda al settore dei semiconduttori, lì ci sono enormi opportunità di mercato».

 

E così, ad esempio, dopo l’investimento della shanghaiese New Vision Capital la valutazione della la startup North Ocean Photonics è passato da qualche decina di milioni di yuan a oltre un miliardo di yuan. Mentre la Advanced Micro-Fabrication Equipment, che produce strumenti per la fabbricazione di microchip, ha visto aumentare il valore delle sue azioni del 150% dal gennaio scorso.